Concerti

Vivaldi-Piazzolla, incroci stagionali

Il concerto inaugurale delle Settimane Musicali al Teatro Olimpico (che tornano all'antico rinunciando all'opera) ha visto protagonisti la violinista Sonig Tchakerian e l'Orchestra di Padova e del Veneto. Il programma intercalava le Quattro Stagioni del Prete Rosso e quelle "porteñe", cioè di Buenos Aires, scritte all'insegna del tango negli anni '60 dal compositore argentino di origine italiana. In questo caso ne è stata proposta la trascrizione per archi e violino solista approntata da Luis Bacalov cinque anni fa

Giunte all’edizione numero 28, le Settimane Musicali al teatro Olimpico tornano alle origini. Nato per la musica da camera, dall’ormai lontano 2004 e fino all’anno scorso il festival si era inoltrato – in maniera sempre più caratterizzante – lungo la strada delle rappresentazioni operistiche, anche se aveva conservato il senso delle origini nel suo riservare comunque alcuni appuntamenti ai concerti. Quest’anno, la necessità di tenere sotto controllo i conti ha consigliato di rinunciare all’appuntamento melodrammatico, restituendo quindi a questa rassegna (la più antica fra quelle che hanno casa sulla scena palladiana di Vicenza) il suo carattere di “meeting” culturale oltre che musicale, nel quale le ragioni del fare musica insieme si uniscono alla curiosità per ogni tipo di repertorio e per ogni tipo di origine.

Non per caso il direttore artistico, la violinista Sonig Tchakerian (che sempre ha seguito e impaginato il versante cameristico del festival, anche dopo la virata operistica guidata da Titta Rigon, che da qualche mese ha lasciato il suo incarico) ha scelto per l’edizione inaugurata l’altra sera un titolo dalle molte sfaccettature: “In cammino”. Il programma è infatti costruito su percorsi, contatti, legami musicali molteplici e compositi dall’Oriente all’Occidente, dal Nord al Sud, ma ha anche una sua componente interiore e soggettiva, si propone di illuminare il cammino personale di autori che magari crediamo di conoscere molto bene ma che in qualche modo sempre ci sfuggono (il caso esemplare è quello di Mozart). E poi, suona come un’esortazione: il cammino del festival continua, con il coraggio richiesto dalla difficoltà dei tempi, nonostante gli ostacoli e le incertezze.

Da questo punto di vista, il concerto inaugurale ha offerto ampie rassicurazioni: Olimpico affollato, grande attenzione e vivo entusiasmo lungo una serata solo apparentemente omogenea e “popolare”, in realtà multiforme e complessa, non poco sofisticata ma “parlante”, capace di fare arrivare bene il suo messaggio. Tchakerian ha infatti ripreso un discorso già iniziato e sviluppato in tempi recenti, rivolgendosi una volta di più a un “soggetto” (in tutti i sensi: musicale, ma non solo) che ha lungamente e variamente indagato con l’obiettivo di illuminare le inesauribili correlazioni culturali che è in grado di attivare.

Le Quattro Stagioni di Vivaldi appartengono da tempo (non da sempre, anzi: il mezzo secolo della loro universale popolarità è poca cosa rispetto ai tre secoli passati da quando furono composte) alla ristrettissima cerchia delle composizioni “colte” diventate “pop”. La loro fortuna è costante, diffusa, autenticamente globale, oltre le mutazioni dettate dai diversi gradi di consapevolezza storica negli approcci interpretativi. Perché come avviene solo per ciò che è autenticamente “classico”, affermano il loro valore a prescindere dal fatto esecutivo. E lo conservano anche se sono diventate  sempre di più un “sfondo” sonoro nella vita di tutti i giorni, una musica – come suole dirsi – d’ambiente.

Da tempo Sonig Tchakerian va studiando le correlazioni musicali, estetiche, storiche e in certo modo antropologiche di questi quattro Concerti per violino solista. E la sua ricerca si è riflessa nelle proposte delle Settimane Musicali: da un “Raccontare Vivaldi” che ha chiarito la natura minuziosamente descrittiva di queste musiche, a partire dai Sonetti che sono parte integrante delle partiture e offrono appunto una “guida testuale” all’ascolto (festival 2012), a uno “Stagioni e mezze stagioni” con il quale ha coinvolto e in certo modo “sfidato” il jazzista Pietro Tonolo a inserirsi nel fluire creativo vivaldiano, creando intermezzi originali con cui intercalare i brani vivaldiani (2013). Per arrivare a Recomposed by Max Richter: Vivaldi, the Four Seasons, elaborazione realizzata nel 2012 dal cinquantenne compositore anglo-tedesco e presentata in prima italiana all’Olimpico nel maggio del 2015. In questo fervore “stagionale” era rientrato anche il concerto intitolato Le otto stagioni, eseguito per la prima volta nel corso del festival del 2014 e che ha costituito il ricco menù del concerto inaugurale di questa edizione delle Settimane. Le Stagioni raddoppiano in virtù delle Cuatros Estaciones Porteñas di Astor Piazzolla, il geniale “ricreatore” del tango, compositore argentino di origine italiana. Con il plus dell’intervento di un altro compositore italo-argentino, Luis Bacalov (1933-2017), vincitore dell’Oscar per la colonna sonora del film Il postino, che su richiesta di Tchakerian aveva trascritto per orchestra d’archi, cembalo e violino solista le partiture originali di Piazzolla, scritte nei secondi anni ’60 per un quintetto formato da violino, pianoforte, chitarra elettrica, contrabbasso e bandoneón.

Rilanciata con il titolo Le Stagioni nel mondo – In cammino da Venezia a Buenos Aires, questa singolare “contaminazione” ha dimostrato una volta di più di funzionare egregiamente. Intercalati in modo da costituire un sinuoso percorso dalla Primaveravivaldiana a quella di Piazzolla-Bacalov, le otto composizioni hanno visto l’orchestra di Padova e del Veneto e Sonig Tchakerian ricostruire un doppio affresco musicale che oltre l’analogia strumentale ha offerto suggestioni composite, con la melodia e la vivacità ritmica del Prete Rosso che trovano immediata sponda espressiva nella melodia e nel tango di Piazzolla esaltati dalla strumentazione di Bacalov. A sua volta ritornato a occuparsi di Concerti barocchi in chiave moderna dopo la straordinaria esperienza di Concerto grosso per i New Trolls, icona italiana del rock progressive datata 1971.

Esecuzione concentrata, ricca di buone soluzioni timbriche quella del gruppo strumentale, e acuminata quella della solista: impeccabile nel virtuosismo ma anche capace di una profondità riflessiva del tutto inedita, specialmente al cospetto di Vivaldi. Il Prete Rosso è stato esplorato secondo una ricerca musicale fascinosa perché dava l’idea di procedere quasi sperimentalmente, soggetta a riflessioni ed elaborazioni “in tempo reale”, eppure chiaramente frutto di una riflessione di lunga data. Vivaldi “in cammino”, per ricongiungere i suoi valori poetici con quelli di Piazzolla, a scavalco di un oceano e di tre secoli. Operazione riuscita.

Foto © Michele Turolla

Condividi questo articolo:
Facebook
WhatsApp
LinkedIn
Email