Cronache

Arena Spa, l’orchestra nel mirino

Nel video pubblicato su You Tube di un seminario tenuto a Milano, l'avv. Lamberto Lambertini, uno degli autori del progetto di privatizzazione, va all'attacco dei musicisti: «Qualità scadentissima [...] spesso trovati a suonare nelle orchestrine mentre erano in malattia». L'intervento dura 35 minuti ed è introdotto da un'affermazione di disinteresse per l'opera. Quell'incontro a Roma a Palazzo Chigi con Salvatore Nastasi: «Accertata la compatibilità del nostro modello con la legislazione attuale». Nessuna parola sul finanziamento statale, pari a 12 milioni all'anno

Il video dura 35 minuti e mezzo. Titolo interrogativo (“Una Spa per gestire l’Arena di Verona?”), ma molte certezze da parte del suo assoluto protagonista, l’avv. Lamberto Lambertini. Ad oggi, per quello che ci risulta, è l’unica presentazione diretta reperibile dal grande pubblico del controverso progetto lanciato dal professionista veronese nella scorsa primavera insieme all’avv. Giovanni Maccagnani e all’industriale Giuseppe Manni, subito etichettato come “privatizzazione dell’Arena”. E soprattutto è l’unica occasione in cui il linguaggio felpato, anche se non privo di chiarezza, sempre utilizzato dai tre nella loro incessante sequenza di dichiarazioni, esternazioni e interventi a mezzo stampa o Tv lascia il posto a toni molto diversi. Qui Lambertini spara a palle incatenate sull’orchestra areniana, parlando di comportamenti ben al di fuori dell’opportunità; non nasconde di non amare e di non sapere nulla di lirica, non si preoccupa di offrire dettagli imprecisi o approssimativi sulle vicende recenti e passate della Fondazione.

La sede nella quale è stato realizzato il video non era pubblica: il professionista veronese parlava infatti nell’ambito di un seminario promosso a Milano dall’Istituto Bruno Leoni, un centro di ricerca nato nel 2003 per promuovere, come si legge sul suo sito (www.brunoleoni.it), “le idee per il libero mercato” e per “dare un contributo alla cultura politica italiana, affinché siano meglio compresi il ruolo della libertà e dell’iniziativa privata, fondamentali per una società davvero prospera e aperta”. Seminario privato (e in “campo amico”, se così vogliamo dire), ma reso pubblico dallo stesso IBL, che lo ha diffuso in streaming quando si è svolto e poi lo ha reso disponibile sul proprio canale YouTube.

L’incontro risale al 22 giugno 2016, due giorni prima dell’inaugurazione del festival lirico in Arena con Carmen. Solo nei giorni scorsi, però, il video che lo documenta ha iniziato a circolare, moltiplicando rapidamente le visualizzazioni. Da giugno, alcune cose sono cambiate, fino alla più recente sortita della triade dei promotori, che poche settimane fa ha “fissato” in una riunione riservata alla Verona delle istituzioni economico-politiche pubbliche le ultime (definitive?) caratteristiche del progetto (si veda qui la mia analisi). Ma non sono i dettagli tecnici il vero motivo di interesse di questo documento.

Il punto di partenza è nell’autopresentazione dell’oratore, con l’accenno alla sua esperienza come consigliere della Fondazione a partire dal 1999 per alcuni anni (nel video, da 4’07”): «Quando l’allora presidente della Banca Popolare di Verona, Giorgio Zanotto, mi ha chiesto di entrare in Fondazione Arena, gli ho detto che la lirica non solo non la conoscevo, ma non mi interessava neanche. E lui mi ha risposto: “Questo è il motivo per cui abbiamo pensato a lei”». In due battute, l’uomo ha un debole per le battute, una ingenerosa brutta figura postuma per Zanotto e una sfrontata dichiarazione di incompetenza culturale da parte di Lambertini.

Il racconto degli eventi recenti e meno recenti della Fondazione è impreciso, di un’approssimazione che lascia interdetti. Il culmine in una ricostruzione personalissima del lungo braccio di ferro fra il sindaco Tosi e i dipendenti, dalla quale scompaiono elementi essenziali come la richiesta del CdI di aderire alla Legge Bray (fine 2015) e altri vengono spostati o apparentemente fraintesi. Il referendum bocciato nell’aprile 2016, ad esempio (neanche tre mesi prima del seminario!), viene descritto come una consultazione su una vertenza generica, mentre riguardava appunto il piano di risanamento approntato per entrare in Bray da Francesca Tartarotti, discussa dirigente appositamente assunta dal Maggio Musicale, da Lambertini con eleganza definita «un soggetto proveniente da Firenze».

Al cuore dell’intervento, spicca un attacco molto violento agli orchestrali dell’Arena, evidentemente condotto in virtù del fatto che nel giro di 15 anni (dall’ignoranza assoluta proclamata nel 1999) l’avv. Lambertini ritiene di essersi fatto una cultura musicale (14’15”): «La qualità dei musicisti veronesi dell’Arena è scadentissima». E subito dopo, un’accusa di particolare gravità, ma senza dettagli ulteriori: «Spesso sono stati trovati mentre erano in malattia a suonare nelle orchestrine di Piazza San Marco a Venezia». Peraltro, non è chiaro il legame fra le due cose. Ma non basta. Lambertini aggiunge anche che «la massa dei dipendenti è stata riempita al 50-60 per cento per motivi puramente clientelari». Elementi a supporto di queste affermazioni nel video non se ne sentono.

Sull’opera in Arena, così la pensa l’avvocato veronese (22’16”): «I cantanti e la musica in Arena non si sentono, tranne nelle prime cinque file e sui gradoni. È uno spettacolo muto. Sto esagerando, ma il valore dell’opera in anfiteatro è tutto nell’atmosfera». Del resto, l’idea che Lambertini ripetutamente mostra di avere dei cantanti lirici non sembra molto aggiornata. Li vede tutti, uomini e donne, come grassoni impresentabili. Forse nessuno gli ha mai mostrato qualche video con il bellissimo soprano Anna Netrebko (e tante altre ugualmente affascinanti) o con gli atletici tenori Juan Diego Florez o Jonas Kaufmann.

Il clou e la chiusura (da 31’35”) riguardano l’assicurazione ai partecipanti (fra i quali, viene detto, i rappresentanti di un Fondo d’investimento) che è stata accertata «la compatibilità del modello con la legislazione attuale». La verifica, dice Lambertini, è avvenuta a Roma «con il responsabile per il nostro Governo delle Fondazioni liriche, che è il vicesegretario generale alla presidenza del Consiglio». Lambertini non ne fa il nome, ma si tratta di Salvatore Nastasi, già potente direttore generale dello Spettacolo al Ministero dei Beni Culturali, già commissario straordinario della Fondazione Arena poco prima dell’arrivo di Girondini, “magna pars” nella realizzazione del marchingegno Arena Extra che tanti grattacapi procura oggi a chi deve verificare i conti della Fondazione per l’ingresso nella Bray (un mio approfondimento è pubblicato su Vvox). Secondo l’avvocato veronese, Nastasi ha benedetto il loro progetto, sostenendo che ricalca una delle possibili ipotesi della grande riforma della lirica in arrivo.

In uno specifico documento facilmente rintracciabile in rete, si constata peraltro che la responsabilità di questo dirigente rispetto alle Fondazioni riguarda niente più che “… l’esame istruttorio delle questioni concernenti gli atti amministrativi di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali…” (Decreto 6 novembre 2015 del segretario generale di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti). Nella realtà effettuale, poco prima (o poco dopo) questo incontro romano, il ministro Franceschini mandava a casa tutti quelli che avevano gestito fino a quel momento Fondazione Arena. E, lontanissimo dall’idea di privatizzare, dava mandato al commissario Carlo Fuortes di salvarla nella forma finora conosciuta e stabilita dalla legge. Quella in virtù della quale lo Stato garantisce un finanziamento di circa 12 milioni ogni anno. Ma di quei soldi, e del ruolo costituzionale della Repubblica a sostegno della cultura, in 35 minuti di Lambertini-pensiero non si trova traccia.

Foto © Ennevifoto

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