Concerti

Fra Pierino e il lupo salta fuori Elio

Il popolare musicista e attore protagonista al Comunale di Vicenza insieme all'Orchestra del Teatro Olimpico nella celebre favola sinfonica di Prokofev e nella "Histoire de Babar" di Poulenc. Come bis, una trascinante interpretazione della Cavatina del factotum dal "Barbiere di Siviglia" di Rossini

Prendete un bel programma tutto novecentesco, che tratteggia le vie del neoclassicismo puro ma anche quelle del “racconto musicale” senza trascurare una buona dose di pedagogia. Con autori famosi come i russi Stravinskij e Prokofev, e un po’ meno famosi ma non meno interessanti come il francese Francis Poulenc. Aggiungete l’Orchestra del Teatro Olimpico – che sotto la guida di Alexander Lonquich sta dimostrando di non esitare di fronte ad alcun repertorio – e un istrione del palcoscenico come Stefano Belisari, in arte Elio, musicista e uomo di cultura a tutto tondo, dal multiforme ingegno e dai molteplici saperi. Mescolate accuratamente e portate in palcoscenico.

La ricetta è ideale, se bisogna apparecchiare uno spettacolo di musica e divertimento, destinato a un pubblico giovanile ma non solo. Così è avvenuto al teatro Comunale di Vicenza, nell’ambito della stagione concertistica della OTO, dove la realizzazione è stata impeccabile per misura, equilibrio di sapori artistici e di suggestioni culturali, coinvolgendo un pubblico molto folto in virtù dell’apertura alle scuole della prova generale del mattino, seguita la sera stessa da una rappresentazione accolta da una sala al tutto esaurito.

Le “narrazioni con musica”, manifestazioni molto anomale dello storico genere del “melologo”, in cui una voce recitante interagisce, dialoga, si sovrappone al flusso musicale, creando una drammaturgia molto particolare, erano due. Si è cominciato con L’histoire de Babar di Poulenc, sofisticata quanto poco conosciuta partitura in cui le gesta dell’elefantino, inventato negli anni Trenta da Cécile de Brunhoff e illustrato da suo marito Jean, sono l’occasione per una trama musicale raffinata e molto elegante, affidata nell’originale al solo pianoforte. A Vicenza ne è stata proposta la trascrizione orchestrale di Jean Françaix, datata 1962, molto colorata. Poi è stata la volta della celeberrima “favola sinfonica” di Prokofev, Pierino e il lupo, ormai un classico che molto si è giovato – per assurgere a questo ruolo – della versione a cartoni animati di Walt Disney, approntata subito dopo la guerra, nel 1946. Lo scopo didattico – con la presentazione degli accoppiamenti fra strumenti dell’orchestra e personaggi della fiaba (l’uccellino, l’anatra, il gatto, il lupo, il nonno, lo stesso Pierino, i cacciatori…) – non impedisce al racconto di offrire una straordinaria esperienza di interazione fra parola e suono. Tanto più se il narratore mette a fuoco il senso della sua presenza e del suo ruolo.

Così è accaduto per Elio, che iscrive il suo nome fra i “dicitori” da ricordare, una galleria nella quale si trovano molti grandi nomi della musica e del teatro (per restare a casa nostra, fra gli altri Lucio Dalla e Roberto Benigni). Avvolto in un vistoso abito color aragosta, immancabile la caricaturale parrucca, Elio ha puntato sull’ironia colloquiale, sull’esperienza sicura dei fatti musicali nel loro divenire, sul dialogo con il pubblico non meno che sull’intesa con l’orchestra alle sue spalle. Da consumato solista ha occupato la scena, con quel tanto di burlesco e di esagerato che lasciava sempre spazio al sorriso nell’evidenza della parodia di tic e tabù tipici dei protagonisti della musica. Con la sua voce molto particolare, di gola eppure tendente al falsetto, la favola di Prokofev è diventata racconto commentato, in un continuo alternarsi fra il ruolo del narratore e quello del tutto creativo del commentatore, a cui basta un gesto per delineare il sottotesto di una vera e propria interpretazione oltre la musica. L’orchestra e Lonquich hanno sostenuto il gioco con un’esecuzione dettagliata, distesa, estroversa e ben articolata, che ha sottolineato l’altissima qualità della scrittura di Prokofev in questa parentesi di disimpegno costruttivo.

Registri diversi per Poulenc: la tenerezza diffusa della storia di Babar ha avuto in Elio un narratore solo apparentemente distaccato, in realtà pronto a sottolineare l’originalità dell’invenzione e la sua sorridente atmosfera familiare. Quanto alla musica, Lonquich ha letto la partitura di Poulenc con grande attenzione alle sfumature, realizzando un fraseggio assai ricco di sfumature e gamma dinamica ben diversificata.

In apertura, le due brevi Suite per piccola orchestra di Stravinskij hanno fornito una chiave di lettura per la serata: brillantezza, ironia, eleganza. Che la OTO ha delineato con bella precisione e apprezzabile nitidezza.

Applausi calorosissimi, alla fine, e mini-show nello show da parte di Elio, che si è lanciato in un bis cantato, la Cavatina di Figaro dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Impegno e disimpegno a braccetto, vocalità spinta in area tenorile, linea di canto in sapiente dialogo con quella strumentale. Non è stata solo una gag, ma una prova di musicalità, quasi un anticipo di quel Cantiere Opera che il nostro proporrà sui palcoscenici per rivelare l’arte dei grandi operisti.

Foto © Angelo Nicoletti

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