Opera

Coppie aperte alla maniera di Salieri

A Legnago la prima in tempi moderni dell'opera buffa "La scuola de' gelosi", che ebbe grande fortuna negli due decenni del Settecento. Una singolare anticipazione di "Così fan tutte" in versione politicamente corretta, che dalla città natale del compositore si sposterà anche a Belluno, Verona, Chieti, Jesi e Firenze. Compagnia giovanissima e multinazionale, di accettabile livello. Direzione musicale molto dettagliata di Giovanni Battista Rigon, spettacolo divertente e divertito di Italo Nunziata

La tenacia della Fondazione culturale Antonio Salieri di Legnago è degna di nota. Soprattutto se si considera che nella vicina Verona, una Fondazione di ben altra storia, e soprattutto di ben altre risorse economiche, fatica a trovare il senso della propria missione e accumula molti più debiti che meriti artistici. Nella Bassa veronese, invece, l’obiettivo non lo hanno mai perso di vista: lavorare per riportare sotto i riflettori l’arte del maggior figlio di Legnago, quell’Antonio Salieri che partì ragazzo dalle rive dell’Adige alla conquista di Vienna, fra secondo Settecento e primo Ottocento.

All’inizio del Duemila, la Fondazione aveva lanciato un apposito festival, per celebrare il suo uomo. Non era l’epoca giusta: anche se avevano lo spazio adatto, un grazioso teatro, avrebbero dovuto muoversi trent’anni prima, quando le vacche erano grasse e ogni borgo d’Italia poteva ambire a un festival, anche se non aveva un “genius loci” come il musicista legnaghese.

Il festival non è mai decollato davvero, ma Salieri non è mai stato accantonato: iniziative musicali di ogni tipo, studi storici e musicologici, manifestazioni di vario genere, a volte anche un po’ troppo generiche. Tuttavia, la stella polare era sempre visibile e quando possibile, quando le risorse lo consentivano, ecco le proposte di peso, la riesumazione delle opere salieriane. La collaborazione con Fondazione Arena, all’inizio, era cercata e coltivata quando vennero proposte le prime in tempi moderni de Il ricco di un giorno (2004) o de Il mondo alla rovescia (2009). Adesso le strategie sono cambiate, non poteva essere altrimenti. E si è allargato il discorso anche al di fuori del Veneto. La nuova produzione de La scuola de’ gelosi, piccola gemma operistica dimenticata che venerdì sera è tornata in scena dopo oltre due secoli a Legnago, vede alleati – sotto l’egida della Fondazione Salieri – istituzioni grandi e piccole, prestigiose e meno note: il Maggio Fiorentino, la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, la Fondazione Teatri delle Dolomiti di Belluno, il teatro Ristori di Verona, il teatro Marrucino di Chieti. Compagnia anche eterogenea, si potrà pensare, ma conta il risultato: la Fondazione Cariverona assicura sostegno e lo spettacolo avrà in tutto qualcosa come 14 repliche. Dopo Legnago, due al Marrucino di Chieti, una al Comunale di Belluno, due a Verona, tre a Jesi, quattro a Firenze, teatro Goldoni. Sempre con una speciale attenzione per i giovani, con rappresentazioni a loro riservate.

La scuola de’ gelosi è un interessante caso musicale e un notevole caso storico. Fu forse l’opera di maggior successo di Salieri, almeno nel genere comico: dal suo debutto a Venezia alla fine del 1778 (il compositore aveva allora 28 anni) in vent’anni ebbe una cinquantina di rappresentazioni in Italia e in molte città d’Europa. Dopo pochi mesi era già stato vista nelle principali città del Veneto: Padova, Vicenza (Teatro delle Grazie), Verona… Nel 1783 fu rappresentata per la seconda volta a Vienna, dove era già stata vidsta nel 1780. L’imperatore Giuseppe II aveva deciso di puntare sull’opera italiana, e in quell’occasione Salieri, che nella capitale asburgica era già ai massimi livelli, ne mise a punto una edizione “rinforzata” musicalmente e anche nel testo. Il libretto originale era di Caterino Mazzolà, nativo di Longarone; furono aggiunte un paio di arie con versi di Lorenzo Da Ponte, fu ampliato lo strumentale dell’orchestra. A quella edizione, il cui autografo è conservato a Vienna, ha fatto riferimento la rappresentazione legnaghese.

Il libretto di Mazzolà non è soltanto intrigante e assai scorrevole. Per vari aspetti si presenta come una sorta di “incunabolo letterario” dei grandi capolavori mozartiani su libretto di Da Ponte. Il tema sono gli incroci sentimentali di due coppie, una nobile e l’altra borghese, ciascuna con un coniuge geloso e l’altro tendente a una libertà perfino eccessiva. Impossibile non pensare a Così fan tutte, anche se naturalmente ciò che in Salieri viene ricondotto al “politicamente corretto” grazie all’esaltazione della fedeltà coniugale, in Mozart finisce per essere un raggelante atto di sfiducia nei sentimenti. Di più, il finale della Scuola de’ gelosi si svolge in un boschetto, e mette in scena l’incrocio di tutti i protagonisti, con sorridenti equivoci giocati su una sorta di gioco a nascondino tra effetti d’eco. Pochi anni dopo, il quarto atto della Nozze di Figaro ha analoga collocazione e si basa tutto sui travestimenti dei protagonisti di quella grande “commedia umana”, che si celano e si svelano in una continua sorpresa. Del resto, Mazzolà e Da Ponte erano amici fin dall’epoca di Venezia (anni 70 del Settecento) e il secondo aveva una particolare abilità nel trarre ispirazione dai libretti altrui…

Musicalmente, l’opera esprime la qualità medio-alta di un autore come Salieri: senza grande fantasia, talvolta scontato e con il fiato un po’ corto nell’invenzione, ma efficiente e concreto. Il secondo atto prende quota notevolmente e contiene il clou dell’opera, un Quintetto singolarmente complesso. Per il resto, il musicsta legnaghese non si avventura sulla strada che Mozart avrebbe percorso fino in fondo, quello dei numeri d’insieme (duetti, terzetti, quartetti, concertati) e preferisce restare ancorato alla tradizione delle arie solistiche, anche ben rifinite, ma sempre un po’ statiche, di scarsa o nulla portata nello sviluppo drammaturgico. Secondo innovazione ormai affermata, invece, i due finali d’atto: “piccioli drammi in sé” come li definiì Da Ponte. Decisamente inventivo il primo, che si svolge in un manicomio dove i protagonisti si avventurano a vedere gli effetti della gelosia sulla psiche umana, sempre mantenendo il racconto su un tono nettamente farsesco.

Per questa interessante riesumazione è stata raccolta una compagnia di canto multinazionale e giovanissima. Appena ventenni, in particolare, sono il soprano Francesca Longari, che se l’è cavata con eleganza nel ruolo della contessa, solo con qualche tensione in acuto nella sua grande Aria del secondo atto, e il tenore Manuel Amati, musicale e vocalmente adeguato al ruolo del tenente, una sorta di Don Alfonso (Così fan tutte) in versione buonista. Il tenore congolese Patrick Kabong è stato un conte di voce piuttosto piccola, talvolta sbiancata, ma di buona presenza scenica, mentre il baritono coreano Byongick Cho ha dato al personaggio del geloso borghese ottima definizione timbrica e fraseggio di efficace forza comunicativa. Bene in parte Eleonora Bellocci nel ruolo dell’insofferente moglie borghese, che si è proposta con stile pregevole ed efficace spontaneità. A posto i due interpreti delle parti dei servi, il baritono cinese Qianming Dou e il mezzosoprano brasiliano Ana Victoria Pitts, ironici come si doveva. In generale, sempre ottima la resa dei recitativi, cruciali nell’equilibrio e nell’efficacia rappresentativa. Chiaro il lavoro di precisione svolto dal direttore Giovanni Battista Rigon, che ha concertato il tutto con molta brillantezza e fraseggio leggero, ben assecondato dalla precisa predisposizione strumentale dei Solisti Italiani.

Spettacolo ironico e divertente firmato da Italo Nunziata: essenziale nella scenografia a siparietti mobili dipinti, che svela il “farsi” della rappresentazione (Andrea Belli), curioso e originale nei costumi un po’ primo Novecento e un po’ Settecento di Valeria Donata Bettella. Ben curata la recitazione, brillante e attenta ai tempi musicali ma senza banalità da show televisivo.

Pubblico prodigo di applausi, alla fine una decina di minuti di chiamate a proscenio per tutti i protagonisti.

Foto © Chiara Battistella

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