Concerti

Un tutto Beethoven lungo sei anni

Filippo Gamba è un ragguardevole interprete del compositore tedesco, ma la sua integrale delle Sonate per pianoforte è troppo diluita: mai più di due concerti a stagione, spesso uno solo, traguardo nel 2021 Viene meno, in questo modo, l'esperienza d'ascolto particolare e appassionante che deriva dalla concentrazione dello sforzo esecutivo nell'arco massimo di un paio di stagioni (come Schiff a Milano)

Giunta alla seconda tappa, l’esecuzione integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven, iniziata l’anno scorso dalla società del Quartetto, conferma di avere caratteristiche molto particolari e non tutte positive. Sgombriamo subito il campo da possibili equivoci: la perplessità non è legata ai valori musicali e interpretativi messi in campo. La proposta è sicuramente di alta cultura, visto che illumina uno dei più grandiosi monumenti della musica europea, che va ben oltre il pur vasto ambito delle composizioni per la tastiera e possiede una forza tale da illuminare (o magari condizionare) tanta parte della musica che è venuta dopo, per almeno un secolo e mezzo. E l’interprete che la realizza, il pianista veronese Filippo Gamba, è senza dubbio musicista riflessivo e profondo, nel quale la tecnica è sempre funzione dell’analisi e dello stile. Il risultato è un suono di evidente forza e ricchezza, delineato da un fraseggio nel quale l’eleganza trova sempre il suo spazio dentro alle “sperimentazioni”, alle divagazioni, alle intuizioni beethoveniane. Di esse Gamba non manca mai di offrire musicale evidenza, nell’ambito di un percorso che ha origine nella grande tradizione della scuola tedesca del secondo Novecento (quella classico-romantica, ancora aliena da particolari dettagli filologici), ma si presenta pienamente originale nel rifiuto di ogni retorica espressiva fine a se stessa, fino a sfidare l’impressione di una certa quale concettuale freddezza.

Efficace anche l’idea di corredare ogni serata con le introduzioni di un giovane e bravo musicologo, Alessandro Zattarin, che unisce alla ricchezza delle argomentazioni una apprezzabile vivacità nel discorso e riesce a bilanciare (con tempi impeccabili: mai più di 10-12 minuti) dettagli tecnici e notazioni storiche di più ampio respiro. Alla base di questa scelta, evidentemente, la concezione musicale di Gamba: il percorso dentro alle 32 Sonate di Beethoven richiede anche un viatico teorico, proprio per il suo valore assoluto.

Sotto questo aspetto, la valutazione è più che positiva. E tuttavia,  l’impostazione generale del progetto lascia perplessi. Questa integrale è infatti destinata a prolungarsi, secondo il calendario pubblicato dal pianista nel suo blog, fino alla primavera del 2021, quando finalmente risuoneranno le sublimi e trasognate variazioni dell’Arietta della Sonata op. 111 in una serata corredata anche dalle Sonate op. 109 e 110. Un tempo, francamente, troppo lungo. Il senso dell’esecuzione integrale di un determinato corpus compositivo di un singolo autore è però quello di permettere agli ascoltatori di coglierne le coordinate generali come pure l’evoluzione stilistica e le diverse stagioni creative. È decisiva la percezione del reciproco rapporto fra le composizioni, supportata dalla memoria d’ascolto, che solo una esecuzione sufficientemente ravvicinata permette. È unico il fatto di consentire agli appassionati l’immersione “totale” in un certo contesto creativo. Nel modo di Gamba, invece, viene da chiedersi chi fra i presenti l’altra sera al Comunale, quando sono state eseguite le Sonate op. 7 e op. 10 n. 1 e 2, si rammentasse delle tre Sonate dell’op. 2 eseguite dodici mesi fa; se non le avesse citate Zattarin nel suo intervento, con ogni probabilità molti nemmeno si sarebbero ricordati che la precedente esecuzione era stata ad esse dedicata.

Posto che le 32 Sonate durano complessivamente poco meno di 10 ore, appare perfetta la suddivisione in 7 concerti scelta da András Schiff per la recente integrale proposta al Quartetto di Milano. Il pianista ungherese, però, ha risolto tutto nell’arco di due stagioni: tre concerti nel 2012-2013, quattro nel 2013-2014. A Vicenza, dopo due stagioni, siamo ancora all’op. 10. E ci attendono altri otto concerti.

Fra l’altro, se lo schema Schiff rendeva più naturale l’esecuzione in ordine di pubblicazione, proprio perché i concerti erano ravvicinati e si arrivava presto in medias res (inutile girarci attorno: tranne poche “perle” giovanili, i grandi capolavori sono quelli del periodo di mezzo e del tardo stile), lo schema Gamba rende quasi un miraggio l’esecuzione delle Sonate più amate. La “Patetica” sarà eseguita nel prossimo autunno,  per il Chiaro di luna bisognerà aspettare l’anno prossimo, la Waldstein giungerà nel 2019, insieme all’Appassionata… Pur con questo ritmo, se almeno ogni singolo programma contenesse Sonate di epoche diverse, i programmi sarebbero forse meno sofisticati e rigorosi, di sicuro più accattivanti. Ma naturalmente rispettiamo il rigore del maestro Gamba, così come le sue esigenze nella preparazione. E segnaliamo il dato reale: da qui al 2021, qualche Sonata per pianoforte di Beethoven non mancherà mai nelle stagioni del Quartetto. È già una bellissima cosa.

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