Concerti

Ivan Fedele, la Sintassi di Beethoven

Il direttore della Biennale Musica protagonista della seconda edizione delle "Lezioni di Suono" nella Sala dei Giganti con l'Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius. La Quarta Sinfonia del compositore tedesco e la memoria del suo Dna compositivo in "Syntax 0.3", pagina orchestrale del 2014

Quanti gradi di separazione ci sono fra la musica di due secoli fa e quella di oggi? La distanza appare siderale, eppure forse sono meno di quanto si possa pensare. Soprattutto se c’è di mezzo un compositore come Ivan Fedele, 64 anni, dal 2012 direttore della Biennale Musica, musicista di lucido pensiero strutturale e di meditata poesia sonora, che non trova impedimenti ideologici nel confrontarsi, quasi rispecchiarsi, nello stile e nelle strutture dei tre grandi del Classicismo viennese, Haydn, Mozart e Beethoven. Così ha fatto, fra il 2009 e il 2014, nei tre pezzi per orchestra intitolati “Syntax”, che forse per concedere qualcosa alle pseudo-crittografie computeristiche odierne ha numerato come 0.1, 0.2 e 0.3. La diretta relazione ai tre sommi è nei sottotitoli possibilistici, a loro volta internettistici (if@hay.dn, if@moz.art, if@beethov.en). Sembrano indirizzi di posta elettronica, ma il riferimento è chiaro. E soprattutto è chiara la musica, specialmente una volta che la si ascolta dopo la spiegazione dettagliata dello stesso Fedele, in continuo rimando fra le tecniche creative di duecento anni fa e quelle adottate da lui oggi.

Questi brani (e altrettanti classici) sono stati l’ oggetto di tre incontri-concerto nella monumentale Sala dei Giganti all’Università di Padova, seconda edizione di un’iniziativa nata l’anno scorso, ideata e realizzata da Marco Angius, direttore musicale e artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto. Angius è oggi uno dei protagonisti della musica contemporanea, non solo in Italia. Uno specialista, come suol dirsi, che ha avuto l’intuizione di mettere in dialogo la musica di ieri – di cui consta larga parte ma non tutto il cartellone della sua orchestra – con quella di oggi. Non soltanto chiamando ogni anno un compositore a diventare “in residence” e dunque a entrare in fervido rapporto di creazione-esecuzione con l’orchestra padovana, ma facendone poi un protagonista delle “Lezioni di suono”, com’è stato chiamato il progetto.

L’anno scorso il primo ciclo aveva visto protagonista Salvatore Sciarrino e certi suoi densi lavori di trascrizione o riscrittura dagli autori del Romanticismo.Quest’anno è stata la volta, appunto, di Fedele e della sua ricognizione sul Classicismo. L’ultima lezione ha visto l’esecuzione di Syntax 0.3 (2014) e della Quarta Sinfonia di Beethoven (1806). Secondo il direttore della Biennale questa composizione contiene in maniera ormai compiuta e matura una caratteristica tipica dell’arte beethoveniana l’idea di musica come elaborazione, giustapposizione, sviluppo di elementi strutturali in sé molto semplici: poche note, una scelta dei timbri nella trama orchestrale fatta per definire il clima e la portata espressiva del discorso, in un continuo dispiegarsi di contrasti che sono sempre riconducibili all’idea di base.

Musica come mutazione genetica di un Dna essenziale, sostiene Fedele. Spesso ostica se non incomprensibile per il pubblico dell’epoca, perché carica di una portata “eversiva” che non cessa di esercitare il suo fascino oggi e tende a fare di Beethoven un nostro contemporaneo più valido di molti contemporanei, come diceva quel battutista di Stravinskij.

A sua volta Fedele ha scelto proprio questa metodologia per le due parti di Syntax 0.3: “armonia” di timbri certamente non convenzionale, in una concezione materica del suono che lo stesso autore vuole quasi “minerale”, anche grazie all’apporto della elaborazione sonora affidata a un sintetizzatore, che interviene non a caso nella “coda”, dove l’insieme del pensiero musicale si coagula e infine svanisce. La possibilità di ascoltare durante questa fascinosa “Lezione di suono” – grazie alla collaborazione di Angius e dell’OPV – singoli frammenti e parti staccate poi progressivamente assemblate, ha chiarito quanto rigore di analisi innervi il pensiero creativo di Fedele. La sua “Sintassi” – dopo l’ascolto comparato – ha effettivamente un codice genetico comune con Beethoven. Una “memoria creativa”, verrebbe da dire, sfumata come quella dell’acqua ma non meno determinante nel riconoscere le coordinate di paesaggi sonori che a due secoli di distanza conservano ancora elementi in comune, anche se hanno dovuto subire i cataclismi della storia e del pensiero musicale.

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