Concerti

I Concerti che Scarlatti non scrisse

L'inaugurazione di Thiene Musica 2017 ha visto Enrico Pieranunzi eseguire per la prima volta un suo progetto legato a Domenico Scarlatti: l'arrangiamento per pianoforte e archi dei Concerti Grossi per soli archi che l'inglese Charles Avison aveva scritto a metà Settecento a sua volta arrangiando alcune celebri sonate cembalistiche del napoletano. Il risultato è di suggestiva ed evocativa libertà musicale

Il titolo del concerto inaugurale di Thiene Musica 2017, Da Scarlatti al jazz, sembrava promettere molto meno di quel che ha poi regalato. Perché non era una serata di “semplice” contaminazione musicale, una di quelle dove s’incrociano la cosiddetta classica e la cosiddetta afroamericana (che poi, se nasce qui, e pure bene, verso gli africani d’America ha più che altro qualche debito di riconoscenza storica, ma non molto altro). Era una singolare proposta decisamente originale, nata dalla curiosità e della passione del pianista Enrico Pieranunzi, uno che molto presto ha concepito una “fissa” per Domenico Scarlatti (un idillio creativo, lo chiama lui) e per le sue 555 Sonate per clavicembalo, tanto che risale ormai a dieci anni fa il suo disco scarlattiano di successo.

In quel Cd le Sonate dell’autore napoletano del Settecento non sono una banale “scusa musicale”, né Pieranunzi si limita ad eseguirle come sono al pianoforte, secondo prassi in voga fra molti suoi colleghi, dal divo Jarrett in giù, per i grandissimi della storia musicale. Possono essere un punto di partenza o un punto d’arrivo, nel senso che talvolta sono il testo base – eseguito con accurata eleganza – cui fa seguito un bel ventaglio di improvvisazioni, mentre in altre occasioni sono il coagularsi stilistico ritmico e melodico nel quale sfocia il processo improvvisativo. Nell’uno e nell’altro caso, il rispetto dell’esecutore-creatore è assoluto e coincide con l’esaltazione della tastiera in quanto tale, tramite musicale organico all’invenzione in sé. Non per altri motivi Chopin, o Brahms tenevano sul leggio – musicale bibbia anche nella modernità – i volumi del Clavicembalo ben temperato, punta di diamante della prima storica Bach Edition.

La serata thienese, contrappuntata dalla narrazione sempre interessante di Pieranunzi, comprendeva anche alcuni esemplari di questa rivisitazione solistica scarlattiana. Ma era soprattutto dedicata a un paio di prime esecuzioni assolute di uno Scarlatti concertante come prima non era mai stato immaginato, del tutto inventato eppure plausibile. In questo caso, il punto di partenza erano i Concerti scritti nel 1744 da un autore inglese quasi contemporaneo del napoletano, Charles Avison. Il quale dichiarava fin dal frontespizio che il suo punto di partenza erano le Sonate del “Sigr. Scarlatti”, pubblicate nel 1738 a Londra con il titolo Essercizi per gravicembalo. Non si trattava di trascrizioni o di adattamenti, ma di arrangiamenti per orchestra d’archi a sette parti, tre delle quali di “concertino” come nella tradizione dei Concerti Grossi all’italiana di cui Avison era un convinto sostenitore e imitatore (da Corelli a Geminiani). Arrangiamenti molto liberi, come lo possono essere questo tipo di interventi, ma anche con evidenti riferimenti tematici e ritmici.

L’idea diversa di Pieranunzi, che discende dalla straordinaria libertà del jazzista di razza, è stata quella di sottolineare l’ascendenza scarlattiana di questa musica con un ulteriore arrangiamento che introducesse la tastiera (del pianoforte) come elemento concertante, adattando a questo scopo le tre parti del Concertino. Un arrangiamento dell’arrangiamento, insomma, che ritorna al punto di partenza (Scarlatti) per costruire qualcosa che lui non aveva mai scritto: un gruppo di Concerti per tastiera e archi. Il lavoro è stato commissionato al violista Francesco Fiore, storico collaboratore di Salvatore Accardo e il risultato si è potuto sentire per la prima volta all’auditorium Fonato di Thiene dopo una settimana di laboratorio con i giovani strumentisti dell’Orchestra da camera di Thiene, che opera nell’ambito dell’Istituto Musicale Veneto diretto da Riccardo Brazzale. Le cui relazioni nel mondo jazzistico italiano sono state evidentemente decisive per assicurare questa originale primizia al pubblico thienese. Che poi il suddetto pubblico non se ne sia accorto più di tanto – davvero poche persone hanno assistito al concerto – è un altro discorso, ma nulla toglie all’interesse della proposta.

Dunque, archi e pianoforte in un dialogo che in effetti ha molti aromi (e più di qualche spezia) tipici della scrittura di Scarlatti. L’arrangiamento di Fiore è fluido, in perfetto stile e l’approccio di Pieranunzi garantisce con il nitore del tocco e la sostanziale agilità l’inconfondibile marchio di fabbrica. Gli archi dell’orchestra thienese, riuniti con il nome di Thais Ensemble, sono parsi concentrati e partecipi, talvolta più preoccupati dell’insieme che del colore ma certamente funzionali all’impresa. Che ha avuto il merito non solo di rendere omaggio a Domenico Scarlatti ma anche di accendere una luce su Charles Avison (che nel programma si poteva anche citare – come ovviamente fa Pieranunzi nelle sue note esplicative dal netto sapore autobiografico), compositore di sicuro mestiere e di qualche ambizione creativa. Un jazzista del primo Settecento, come del resto lo erano un po’ tutti, nel senso che l’improvvisazione e l’arrangiamento dagli “standard” altrui erano sempre all’ordine del giorno nella pratica della musica vissuta giorno per giorno. Uno spirito svanito nella museificazione imposta dall’epoca romantica, ma che oggi sempre più spesso viene evocato – fra libertà interpretativa e filologia – e immancabilmente fa sentire i suoi benefici effetti.

 

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