Concerti

Ariosto “riletto” da Vivaldi e Händel

All'Olimpico di Vicenza con il titolo "Orlando Furioso Settecento" un concerto-spettacolo intessuto di Arie operistiche, recitazione di brani del poema, pezzi strumentali. Lo ha ideato Fabio Missaggia, che ha diretto il suo ensemble I Musicali Affetti e le vincitrici del concorso di canto barocco "Fatima Terzo"

La straripante fantasia di Ludovico Ariosto e lo straordinario mondo di storie, personaggi e “affetti” del suo grande poema hanno trovato ospitalità fin quasi dai primordi nel “palazzo incantato” del melodramma. Specialmente durante la lunga avventura artistica della poetica del “meraviglioso”, che il teatro per musica ha vissuto durante l’epoca barocca. Se già in qualche occasione nel Seicento l’Orlando Furioso era diventato, in tutto o in parte, un soggetto operistico, i primi decenni del Settecento hanno visto il poema trasferirsi sulle scene operistiche in molteplici adattamenti, che ora puntavano su qualche specifico personaggio, ora offrivano una sia pur sintetica evidenza all’insieme della storia e al suo eroe eponimo, protagonista di strabilianti avventure, che oggi definiremmo “da effetti speciali”.

La maggior parte delle opere che diedero vita a quella formidabile stagione sono oggi materiale d’archivio per studi musicologici. E tuttavia, esistono due fulgide eccezioni, legate del resto a nomi che sono da tempo fra i grandi, come quelli di Vivaldi e di Händel. Entrambi scrissero melodrammi sul poema ariostesco, nel giro di meno di un decennio, dal 1727 che vide il debutto dell’Orlando furioso del Prete Rosso, al 1735 in cui andò in scena a Londra l’Alcina del compositore sassone, che peraltro poco tempo prima aveva posto mano sia a un Orlando (1731) sia a un Ariodante (pure 1735). Si tratta di melodrammi nei quali l’esaltazione del belcanto trova una totale consentaneità nella ricchezza e vivacità poetica dell’invenzione dell’Ariosto, e alla forza fantastica della sua invenzione: due mondi estetici che sembrano fatti per combaciare, anche se distano due secoli uno dall’altro.

Ora, nel bel mezzo delle celebrazioni per la prima edizione dell’Orlando furioso (1516), e mentre a Ferrara una mostra ne esplora l’immaginario con grande ricchezza di documenti e pitture, questa simbiosi drammatico-musicale è stata sintetizzata dal violinista e direttore d’orchestra Fabio Missaggia in uno spettacolo di singolare fascino, intitolato Orlando Furioso Settecento, che è approdato anche al teatro Olimpico di Vicenza nell’ambito del festival Spazio & Musica dopo essere stato presentato alla Rocca di Vignola e a Ferrara.

L’idea di partenza era quella di offrire una sorta di concentrato delle due opere intitolate al paladino Orlando, quella vivaldiana (riesumata nel 1978 a Verona per iniziativa di Claudio Scimone, con Marilyn Horne nel ruolo del titolo) e quella handeliana, che vide lo stesso contralto americano protagonista di una storica ripresa alla Fenice nel 1985. Quindi, una sequenza di Arie di straordinario fascino con due sole protagoniste vocali, entrambe molto giovani, il contralto Candida Guida (Orlando) e il soprano Valentina Satta (personaggi vari: Dorinda, Angelica, Alcina), ovvero la vincitrice e la seconda classificata del concorso di canto barocco intitolato a Fatima Terzo, che si svolge in collaborazione con il festival di Missaggia. Grazie al supporto di un libretto che opportunamente “colloca” i brani musicali scelti nel plot del poema, e con la suggestiva aggiunta di una sintetica ma cruciale scelta di versi affidati alla sapiente voce recitante di Patricia Zanco, lo spettacolo si è così configurato come una sorta di viaggio ariostesco in compagnia di Vivaldi e Händel e insieme come una vetrina della poetica degli “affetti” (furore, amore, elegia, follia…) centrale nell’opera seria settecentesca sia formalmente che espressivamente. Le parti vocali, poi, sono state “cucite” da inserti solo strumentali, di singolare attinenza quanto ad atmosfera, ovviamente anch’essi di Vivaldi e di Händel, provenienti dal ricchissimo catalogo dei loro Concerti.

Le due cantatrici hanno dimostrato entrambe di essere sulla buona strada per quanto riguarda la tecnica e la scioltezza della linea di canto. Candida Guida ha un bel timbro brunito e notevole presenza nella zona bassa della tessitura, anche se la voce è nel complesso piuttosto piccola e non si è giovata della dispersione acustica dell’Olimpico. Timbro elegante e fraseggio duttile ha mostrato Valentina Satta, che si è fatta notare anche per l’agilità in coloratura.

Missaggia ha guidato il suo ensemble barocco, “I Musicali Affetti” con varietà di accenti e accattivante incisività nei tempi, giocando molto sui contrasti dinamici sia nelle parti di accompagnamento al canto (con begli effetti “mimetici”), sia in quelle solo strumentali. Sempre brillante, pur nel rigore dell’approccio filologico, il suono del gruppo, con un basso continuo di pregio nel quale ha fatto ottima figura anche la chitarra barocca, oltre all’arciliuto, al cembalo e al violone.

Foto: Marco Missaggia

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