Cronache

Arena, un’estate con il fiato sospeso

Il sì dei dipendenti a un accordo molto pesante dovrebbe portare i conti in sicurezza con l'accesso ai benefici della legge Bray. Il festival nell'anfiteatro si apre con l'eterna "Carmen" di Zeffirelli, ma i nodi irrisolti sono molti, dal dopo-Fuortes (con la nomina del sovrintendente) al programma della stagione lirico-sinfonica invernale al Filarmonico, che resta per ora avvolta nella nebbia dell'incertezza

Il cocktail inaugurale ci sarà. Gran Guardia, venerdì 24 giugno, ore 19. Un’ora e mezzo di mondanità ben munita sul versante enogastronomico per la Verona che conta, esortata a indossare lo smoking per assistere alla Carmen in scena alle 21. Fattura a Confindustria Verona, il cui presidente Giulio Pedrollo firma l’invito insieme al sindaco Flavio Tosi e al commissario straordinario della Fondazione, Carlo Fuortes. E meno male, data la situazione. Come sempre, probabilmente più di sempre, la musica, l’opera, la cultura resteranno marginali nelle conversazioni. Si può anche capire: troppo imbarazzante. Meglio non sbilanciarsi, non è il caso di fare festa per lo scampato pericolo, leggi salvataggio della Fondazione. Che magari fra due mesi e mezzo la rotta punterà di nuovo sugli scogli, e allora i grandi sostenitori della privatizzazione costi quel che costi, di sicuro ben rappresentati al cocktail (sindaco in testa), faranno sentire di nuovo la loro voce.

In attesa di annusare l’aria che tira (non al cocktail, ma dentro all’Arena: sia dalla parte del pubblico che per quello che succede sul palcoscenico), l’anno orribile della Fondazione – iniziato nel 2015 a quest’epoca con la disdetta del contratto di affitto del Teatro Filarmonico – presenta un consuntivo indecifrabile. Gli elementi certi sono essenzialmente due. Primo: il conto della crisi lo pagano per il momento i dipendenti, che hanno firmato la settimana scorsa l’inevitabile accordo lacrime e sangue destinato a falciare ampiamente i loro stipendi. Secondo: il consiglio d’indirizzo e il sovrintendente Girondini, al timone negli ultimi otto anni, sono stati accompagnati alla porta. Questo è avvenuto solo grazie allo “strappo” dello scorso aprile, quando l’ipotesi di accordo disegnata da Tosi e Girondini dopo una “campagna d’inverno” tutta all’insegna di inutili provocazioni e pretestuose cortine fumogene, è stata bocciata. Per due voti, ma bocciata.

In precedenza, per dieci mesi, il sindaco era stato impegnato alla sua maniera (attaccando sempre e comunque, a testa bassa) a difendere l’indifendibile, cioè il flop generale (economico e culturale) della gestione del suo sovrintendente. Cifre approssimative e omissive sulle sprofondo dei conti. Scarico di responsabilità su chiunque: i precedenti responsabili, lo Stato, gli enti pubblici, gli sponsor. Di programmi e di scelte culturali e artistiche Tosi non ha mai parlato tranne una volta, a settembre, quando ha sentenziato che ormai l’opera non interessa più al pubblico. Non interessa l’opera che si fa all’Arena di Verona, questo è nei numeri: in una decina di anni, il numero degli spettatori è crollato da 500 mila a 400 mila. Ma altrove le cifre raccontano una realtà opposta, così ha lasciato perdere. Neanche Girondini, in tutti questi anni, di idee musicali e culturali ha mai parlato; negli ultimi mesi il suo mutismo è stato assoluto e quindi alla fine la lunga crisi ha assunto l’angosciante aspetto di una guerra senza perché. Nella quale sono stati i dipendenti a tenere alto il vessillo della “missione”. Che è culturale, non politica, non industriale (nel senso di una produttività che con la cultura può combinarsi, ma anche no).

Il no dei dipendenti è stato una vittoria di Pirro, considerando quanto sia pesante il nuovo accordo. Ma una vittoria fondamentale sul piano del principio di responsabilità. Poteva essere un assist per il commissario Fuortes. Nessuno dubitava che avrebbe impugnato la mannaia sui conti, ma all’inizio si poteva nutrire la speranza che avrebbe anche messo a fuoco il disastro gestionale. E provato a mettere qualche pezza. Così non appare.

Ora Fuortes è a un bivio, ma i segnali giunti finora non sono molto promettenti. La volontà di incidere in profondità nella mala gestione, di spalancare le finestre, di instaurare il regno della trasparenza, non appare così ferma. E l’uomo dell’Opera di Roma, che ben poco si è fatto vedere in riva all’Adige, dà l’impressione di non vedere l’ora di chiudere il mandato. Anche se questo aprirebbe una problematica sulle nomine (Consiglio d’indirizzo e soprattutto sovrintendente) che potrebbe diventare una crisi molto grave. Certo, c’è stato qualche segnale positivo, come lo stop ai costi per l’affitto del Museo dell’Opera. E si è visto almeno il tentativo di mettere una qualche distanza tra Fondazione Arena e Arena extra, anche se controllante e controllata restano indissolubilmente legati, fino a scelta radicale contraria. Ma del bilancio 2015 della Fondazione continua a non esserci pubblica traccia. E la cosa a questo punto è inaccettabile, tanto più alla luce dell’accordo raggiunto, dei tagli che comporta, dell’invenzione della “serrata” per due mesi, dell’annunciata chiusura del corpo di ballo. Del fatto che per legge il bilancio consuntivo dev’essere approvato e pubblicato entro il mese di aprile.

E infine, ora si fa il festival, si vedrà con quali risultati. Ma il 13 dicembre, secondo tradizione, dovrebbe inaugurarsi la stagione lirica al Filarmonico. E molto prima dovrebbe partire la stagione sinfonica. Né l’una né l’altra sono state finora presentate. Qualcuno ne sa qualcosa? Chi la progetta e come, visto che direttore artistico non c’è, se non a scadenza per l’estate? Se ne occupa il discusso vicedirettore artistico, che ha attraversato intonso l’azzeramento delle cariche dopo il commissariamento? Si vuole aspettare l’ultimo minuto per abborracciarla, con le immaginabili conseguenze sul richiamo per il pubblico, o si vuole buttarla a mare tacendo? L’unico dato certo, mentre scriviamo, è che il nuovo contratto d’affitto del teatro, concordato tra Fondazione e Accademia Filarmonica (470 mila euro all’anno), in Comune non è stato ancora firmato. Giace nell’ufficio della direttrice operativa della Fondazione, Francesca Tartarotti, e il precedente scade il 30 giugno. Normale burocrazia, si dirà. In una situazione che è tutto, meno che normale.

Foto: Ennevi

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