Concerti

Paesaggi sonori della Grande Madre Russia

A Verona due popolari pezzi tra fine Ottocento e inizio Novecento: il secondo Concerto per pianoforte di Rachmaninov (solista Simon Trpceski) e "Shéhérazade" di Rimskij-Korsakov. Gianandrea Noseda sul podio della Filarmonica del Teatro Regio di Torino per la chiusura del Settembre dell'Accademia.

La Russia musicale alla fine del XIX secolo, quando il gusto occidentale e le istanze popolari e tradizionali, “normalizzate” dopo il radicalismo dei compositori del cosiddetto “Gruppo dei Cinque”, sembravano aver trovato una nuova sintesi. Da un lato, la scrittura orchestrale portata al massimo grado di virtuosismo, fino a superare nel suo stesso fulgore la ricerca dell’effetto. Dall’altro, la scrittura pianistica spinta verso nuovi confini tecnici, con risultati capaci – nei casi migliori – di delineare una nuova espressività.

Erano queste le coordinate del concerto conclusivo del Settembre dell’Accademia, che ha visto debuttare sul palcoscenico del teatro Filarmonico la Filarmonica del Regio di Torino, con Gianandrea Noseda sul podio e il macedone Simon Trpceski al pianoforte.

Il programma era improntato al repertorio più frequentato: il Concerto per pianoforte n. 2 di Rachmaninov nella prima parte, la Suite Sinfonica Shéhérazade di Rimskij-Korsakov nella seconda. Mondi molto lontani espressivamente, eppure anche vicini, e non solo per motivi cronologici (la Suite è del 1888, il Concerto del 1900-1901), ma per l’impronta stilistica che il più giovane Rachmaninov mostra di assorbire dalla lezione di Rimskij, personaggio centrale anche della scuola musicale russa. In fondo, la forza evocativa del discorso musicale è il comune denominatore delle due composizioni. In Shéhérazade, ispirata ai racconti delle Mille e una notte, essa si distende in una invenzione tematica “orientale” molto stilizzata e sublimata nel ricchissimo apparato coloristico dell’orchestrazione. Nel Concerto, viene ricondotta alla forma classica (tre movimenti) ma l’affermazione del “personaggio-pianoforte” dopo lunga e complessa “lotta” con l’orchestra, persegue lo stesso principio “descrittivo”, che si chiarisce fin dalla primissime battute, quando lo strumento solista detta le regole del gioco in una sequenza di drammatici accordi in crescendo, fino a un fortissimo di esplosiva forza interiore, cui subito replica l’enunciazione del tema principale da parte degli archi.

Simon Trpceski domina la ribollente scrittura pianistica di Rachmaninov con la forza tranquilla di chi conosce profondamente la partitura e non è disposto a puntare soltanto sulle “sirene” dell’enfasi romantica. Ribatte con perentoria ricchezza di suono alla forza sinfonica richiesta da Noseda all’orchestra, specialmente nel primo e nel terzo movimento, ma non tralascia mai di curare il fraseggio con eleganza perfino un po’ asettica, che non indulge ad alcuna melensaggine nell’Adagio sostenuto centrale. È un’interpretazione asciutta, la sua, nervosa il giusto quando le scale si accavallano incessanti, scevra di qualsiasi ricerca d’effetto nei tempi (senza inutili “rubato”) e nelle dinamiche. Efficace nel delineare i “campi timbrici” agli estremi della tessitura, conservando il senso del colore grazie alla sensibilità del tocco, specie in zona acuta.

In Shéhérazade, Gianandrea Noseda – con il suo gesto molto carico e il suo caratteristico modo di dirigere con tutto il corpo – ha privilegiato una campitura ampia e pittorica del fraseggio, sollecitando la buona qualità dei legni e degli ottoni dell’orchestra del Regio. Ne è uscita un’esecuzione ricca di colore, non sempre equilibratissima nel rapporto fra le sezioni (violoncelli in primo piano fra gli archi) ma certo comunicativa e capace di delineare bene la caratteristica alternanza di pieni e “vuoti” tipica della scrittura strumentale di Rimskij-Korsakov, spingendo il pedale del drammatico quando necessario, ma anche delineando con eleganza l’esotico lirismo tipico del pezzo. Cui ha contributo sostanziosamente il primo violino di spalla, cui spettano vari importanti inserti solistici, tutti risolti con ottima definizione strumentale.

Accoglienze di grande calore sia per il solista in Rachmaninov che per l’orchestra e il suo direttore alla fine. Trpceski ha proposto due bis, il primo di Rachmaninov in duo con l’eccellente primo violoncello e l’altro di un autore della sua terra, la Macedonia. Alla fine, Noseda ha lanciato il complesso torinese in un’esecuzione fremente e trascinante della Sinfonia dal Nabucco, che ha scatenato l’entusiasmo del pubblico.

Nel video, alcuni minuti di ciascuno dei tre movimenti del Concerto di Rachmaninov

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